Per il ponte lungo di Ognissanti abbiamo deciso di partire con la famiglia per un fine settimana di relax in Abruzzo.
Siamo partiti ugualmente pur nell’incertezza di trovare bel tempo; arrivati a destinazione, abbiamo infatti constatato che era nuvoloso con pioggia a tratti.
Il giorno seguente, ovvero Sabato, il meteo prometteva nuovamente pioggia: mi sono comunque alzato presto al mattino e, sbirciando dalla finestra, mi sono accertato che effettivamente pioveva. Mi sono fatto coraggio, ho organizzato la mia attrezzatura fotografica nello zaino, mi sono vestito con abbigliamento da trekking anti-vento e anti-pioggia e sono uscito all’avventura per un’insolita sessione d’allenamento.
Non mi sono mai messo alla prova nel praticare un’attività sotto la pioggia, e non ero mai uscito con queste condizioni meteorologiche a scattare fotografie, ma il soggetto meritava: ero in mezzo alla Natura incontaminata del «Parco Nazionale di Abruzzo Lazio e Molise»
Mi rendo conto che in alcuni casi, come questo per esempio, sia piuttosto pericoloso uscire per via del terreno sdrucciolevole, della poca visibilità e del pericolo di fulmini ma, fatte brevi ma accurate valutazioni, ho deciso di voler superare quel limite – anche il mio fino a quel momento – che impone ad un fotografo di svolgere il proprio compito solo in condizioni agiate e di meteo favorevole.
La pioggia era finissima ed intermittente, e questo, fortunatamente, mi ha permesso di avere momenti di tregua in cui poter catturare qualche istante.
Aver preso questa decisione ha portato anche le sue soddisfazioni, ed è stato emozionante ritrovarmi lì a caccia di scatti.
Un elemento in più che mi ha spinto a non perdere l’occasione di uscire è stato l’essere venuto a conoscenza che sulla riva del fiume, non molto lontano dal paese, spesso erano stati avvistati branchi di cervi: occasione, questa, unica per fotografare «animali selvatici» .
Il sentiero che volevo percorrere sarebbe stato un sentiero impegnativo, il percorso, infatti, scende giù verso il fiume, lo attraversa, e poi risale in quota verso la «Sfessa», nome della grotta naturale meta della mia escursione.
Sceso a valle, però, il ponte di attraversamento risultava parzialmente crollato, il resto poco agibile, e quindi impraticabile.
Nel verificare quanto detto, ho avvistato una famigliola di cinghiali, che, impauriti, fuggivano nascondendosi tra i cespugli oltre il fiume.
Mi sono trovato in poco tempo privo di un obiettivo: in primo luogo il sentiero che non mi permetteva di proseguire e quindi di raggiungere la meta, e in secondo luogo le aspettative infrante di fotografare fauna selvatica. già mi trovavo con un’occasione persa.
Per non rinunciare alla passeggiata, brevemente, ho deciso di deviare verso un sentiero che costeggia il fiume e risale su verso un paese limitrofo.





Questo sentiero, quasi pianeggiante, con i suoi 6 km complessivi e un dislivello altimetrico di circa 150 m tutto a carico del tratto iniziale, è facile da percorrere, ma non per questo poco suggestivo, in quanto costeggia il fiume.




Qui, sotto la pioggia, mi sono accorto improvvisamente della bellezza del paesaggio autunnale: ero circondato da un arcobaleno di foglie, i «colori d’autunno».

















Desideravo intensamente che le sorprese non finissero tutte lì.
Raggiunta la fine del sentiero al ponte delle «Femmine» – così viene chiamato dalla gente locale – fatta inversione, mi accingo a tornare indietro, quando… sento qualcosa simile a un muggito, forse mucche al pascolo? Mi giro intorno e non vedo nulla, guardo a terra e vedo tante orme, non un muggito avevo sentito ma un bramito.

Un attimo di esitazione nel decidere se tornare indietro o attraversare il fiume per inseguire i cervi. Il tempo incerto, la non perfetta conoscenza del sentiero sulla riva opposta, la mancanza di alternative di attraversamento del fiume, e il fatto di essere solo, tutte queste considerazioni mi hanno convinto a non cedere alla tentazione, e quindi optai per il rientro.
Sulla strada di ritorno, ecco una nuova sorpresa, qualcosa che per me sembrava impossibile da trovare in questi luoghi: un «Airone Cenerino» in volo, dapprima inseguimento, per quanto possibile, poi appostamento, qualche scatto, e infine via di nuovo verso casa.


Dove il sentiero si innesta con la strada asfaltata del paese, mi sono girato, e pieno di soddisfazione, ho rivolto un saluto e un ringraziamento alla montagna.